Cyprea Versus Penelope
Il ritorno del mito
In quest’era delle tecnologie avanzate, del diffondersi a passo da giganti dell’Intelligenza Artificiale,si sta consolidando una nuova usanza di rappresentare mostre d’arte contemporanea in ambienti e luoghi come parchi archeologici, templi o musei per l’arte antica generando proliferi e fruttuosi dialoghi tra il patrimonio culturale classico e le visioni del nostro mondo odierno.
Se una volta lo studio dell’archeologia si svolgeva guardando soprattutto al passato e focalizzando l’indagine sull’aspetto storiografico, mentre la ricerca del contemporaneo poteva apparire come una fuga in avanti, richiedendo appositi spazi espositivi, oggi si manifesta sempre più frequente l’intenzione di una voluta contaminazione tra antico e contemporaneo, cosicché artisti viventi possano interagire con le prestigiose testimonianze del passato.
Già nel 2022 l’eclettico artista veneto Nicola Verlato, dalle ascendenze rinascimentali, alle Terme di Diocleziano a Roma, aveva installato la sua opera totale “Hostia”, dedicata al poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, rintracciando una linea che, partendo dall’opera dell’intellettuale novecentesco riportava indietro nel tempo mediante le figure di Ezra Pound e Petrarca, per giungere all’umanesimo e all’antropocentrismo tipici dell’era classica. I busti realizzati da Verlato in gesso, la scultura a grandezza d’uomo del poeta sospesa in aria sopra il mosaico dell’aula termale del IV secolo d. C., così come le sue ampie pale dipinte ad olio raffiguranti temi e personaggi che gravitavano intorno al mito pasoliniano, e persino icone della cultura e vita contemporanea, ripercorrevano tutti stilisticamente il lessico tradizionale nella struttura ed esecuzione per diventare formalmente dei paradigmi dell’arte classica, pur raccontando vicende attuali e nostrane, altresì arricchendosi visivamente della maestosità del luogo in cui erano esposti.
Oggi, Verlato medesimo è presente alla mostra collettiva Cyprea – La rete di Afrodite, allestita al Museo del Foro Romano, con la tela La nascita di Venere una e trina. Il dipinto appare come rivisitazione del mito omerico ma, per la prima volta, raffigura la nascita di Venere da una conchiglia ciprea, dove la dea si triplica in una sorta di danza primordiale, mentre in alto si consuma la lotta feroce tra Crono e Urano, dal cui sangue fertile è generata la schiuma del mare, da cui si racconta fosse nata Afrodite.
Vassilis Vassiliades Afrodite accecata, foglie di rame, vetroresina e acrilico su alucobond, 2024]
Infatti, come spiega Giorgio Calcara, curatore della mostra Cyprea: “la mostra si snoda per le sale del Museo del Foro Romano attraverso le opere di otto artisti, quattro ciprioti e quattro italiani, che hanno tutti indagato sull’archetipo di Afrodite. Ed è come il viaggio intrapreso dalla stessa figura della dea, che da Paphos, di fronte l’isola di Cipro dove si narra fosse nata in mezzo al mare, e passando per la Sicilia, diventa Venere a Roma, città che diffonde il suo mito di dea (o di Idea) dell’amore e della bellezza e della fertilità, attraverso templi, santuari e splendide raffigurazioni.” Questi otto artisti sono consapevoli che il patrimonio culturale che appartiene a loro, affonda le proprie radici nel Mar Mediterraneo, accomunandoli tra loro, collegando altresì la tradizione del Mediterraneo d’Oriente con quello d’Occidente. Per esempio, l’opera Afrodite accecata del cipriota Vassilis Vassiliades è interamente ricoperta di sottili e riflettenti foglie di rame, il metallo cuprum per la chimica, che si rilega anch’esso alla mitologia di Venere ma anche all’ambito alchemico e magico, inoltre ispirando i latini a conferire il nome Kyprus – Cipro all’isola immersa nel Mediterraneo orientale che ne faceva un ampio commercio. Spiega ancora Calcara che “il rame, cuprum, è un ottimo conduttore energetico che storicamente legava i popoli del Mediterraneo attraverso scambi commerciali e culturali; simbolicamente ancora oggi il Mare Nostrum unisce i popoli mediante un legame invisibile ma resistente.”
Panikos Tembriotis veduta Remix of Charm and Politics, tecnica mista, materiali riciclati, vetroresina, 2016]
Anche nelle sue sculture esposte a Cyprea, l’artista Panikos Tembriotis ha impiegato il rame insieme a materiali riciclati o objet trouvé come rami d’albero che, assemblati alla testa di Afrodite che il cipriota ha ricostruito in vetroresina su modello della medesima scultura conservata al Museo Archeologico di Cipro, generano figure ibride dalle molteplici interpretazioni. Inoltre, mostrando volutamente i segni del tempo e gli influssi degli agenti atmosferici che hanno inferito sulle sculture, queste sembrano integrarsi perfettamente nelle sale del Museo, adornate di numerosi reperti archeologici e ritrovamenti del Foro Romano a partire dagli scavi eseguiti dal pionieristico archeologo Giacomo Boni agli inizi del Novecento.
Eleni Kindyni Red, monotype su carta Rosaspina Fabriano, 2024]
Le due incisioni della giovane artista cipriota Eleni Kindyni, realizzate con calze di nylon al posto della consueta matrice per la procedura della stampa, danno origine a voluminose forme tondeggianti ricercatamente imperfette, che richiamano il femminile, ma anche la silhouette della ciprea, metafora di Afrodite, apparendo così come uno stato iniziale o seminale, l’aurora della vita, e forse l’avvio della civiltà.
Stefania Pennacchio veduta Afrodite/Libagioni, ferro, semi, latte, incenso, 2024]
Anche l’opera scultorea di Stefania Pennacchio si rifà ad Afrodite, in quanto la figura femminile dalla nudità color bianco candida stesa su un basamento di metallo, cosparsa di incenso e contornata da vasi e recipienti di argilla come fossero oggetti ritrovati negli scavi, evoca qualche rito sacro dell’antichità, elevando il corpo della donna ad una sfera spirituale.
Still dal Video Cyprea Lefteris Tapas]
Invece, uno dei video dell’artista cipriota Lefteris Tapas mostra la nascita di un’isola che emerge dal mare oscuro, simboleggiando la nascita di Afrodite davanti a Paphos, mentre l’altro permette di entrare all’interno di una conchiglia trovandovi reperti e frammenti del santuario di Afrodite ciprina, al contempo offrendo un viaggio di trasformazione corporea e alchemico-trascendentale.
Gabriels Oggetto di Cultro (Marguerite Khnopff), bronzo lucidato a specchio, occhi di vetro dipinti, 2001]
La complessa scultura in bronzo lucidato a specchio, dal titolo Oggetto di Cultro (Marguerite Khnopff) del romano Gabriels raffigura un’allegoria di Afrodite dai molteplici aspetti: provvista di seni e fallo, come una sorta di ermafrodito, alza il coltello (l’antico cultro) per l’attacco, allo stesso tempo reggendo un’ala nell’altra mano, e vede irradiare dei raggi dalla sua testa come se volesse alludere a Helios, il dio del sole, tuttavia preferendo una dimensione piccola e manovrabile, in un’intenzione anti-monumentale rispetto alla scultura classica.
Installazione Rosa Mundi Sfera Armillare: Queen of Jellyfish, tecnica mista con estratto di medusa, 2021, Cella di Roma]
Infine, per osservare la sfera armillare intitolata “Queen of Jellyfish” dell’italiana Rosa Mundi, si entra nell’ambiente archeologico della cella della dea Roma. Nell’opera realizzata con plastica e vetro riciclati e pigmenti organici, si stagliano dei filamenti fosforescenti dalle due tele sovrapposte, alludendo ai capelli della dea, mentre lo strumento dell’astrolabio richiama l’antico dispositivo per interpretare le costellazioni e contemplare i pianeti in generale, e forse quello di Venere in particolare.
Nelle opere gli artisti ritrovano un senso più profondo che il mito di Afrodite è chiamato ad assumere nella società odierna. Così, Afrodite emerge come figura mitologica che ha attraversato
i millenni, dagli albori della storia dell’umanità, dall’arte classica a quella rinascimentale sino ad ispirare ancora i racconti letterari e le opere d’arte contemporanei. E occupa tutt’ora uno spazio immaginario denso di significati molteplici, in linea con l’indole e l’espressione delle culture che si sono succedute nel trascorrere del tempo.
Maria Lai Al volger della spola, 1995]
Sono numerose le mostre intente a creare un ponte tra l’antico e il contemporaneo, ridisegnando l’evoluzione dell’immaginario popolare di un mito. Su questa scia, la mostra Penelope, sempre nel Parco archeologico del Colosseo, presso il Tempio di Romolo e le Uccelliere Farnesiane – curata da Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni - attraverso 50 opere persegue la trasformazione della figura di Penelope nel corso della storia, per giungere ad omaggiare un’artista contemporanea, Maria Lai, grande interprete dell’arte tessile che l’ha portata al fulcro della scena artistica attuale.
Similmente, nelle sale del prestigioso Museo Nazionale Romano, a Palazzo Massimo, si è aperta la mostra Versus dello scultore Massimiliano Pelletti, nativo di Pietrasanta, figlio d’arte ed erede di una vasta gipsoteca con i modelli di sculture classiche, che offre un palcoscenico stimolante ed insolito per l’accostamento tra l’antico e il contemporaneo. Il perno è insito nel tentativo di contaminare lo spazio sacro del mondo classico, ricorrendo a materiali e pietre preziose mai usate prima per tale scultura, come l’onice verde, lo zebrino intrecciato e la calcite brasiliana, le quali, durante la lavorazione portano alla luce le infiltrazioni di altre sostanze, tracce di stalattiti, striature petrose inattese ed erosioni del tempo, tutti “difetti” che Pelletti trasforma in pregi, re-interpretando i canoni di bellezza della statuaria classica. In tal senso, a prima vista, quasi si confondono le opere del cinquantenne toscano con i marmi dell’era greco- romana, tuttavia le sculture di Pelletti si permeano di insoliti elementi, causati dalle forze corrosive del tempo e dei luoghi in cui si sono create, permettendo ad esse di raccontare la loro storia millenaria.
Massimiliano Pelletti Doppia erma di Dioniso, calcite brasiliano, 2024; Dioniso tipo Sardanapalo, marmo pentelico (330 a. C.)]
Così, il binomio antico-contemporaneo emerge come cifra stilistica e vincente di questo nuovo modo di allestire mostre, capace di avvicinare il pubblico di oggi al patrimonio culturale del passato, e di rintracciare le radici profonde della tradizione nelle opere di artisti contemporanei. Perché ciò che c’è di buono nell’arte non passa mai di moda, piuttosto si cristallizza per diventare universale.
Cyprea – La rete di Afrodite
Museo del Foro Romano
Parco Archeologico del Colosseo
Dal 27 settembre al 26 novembre 2024
Penelope
Tempio di Romolo e Uccelliere Farnesiane
Parco Archeologico del Colosseo
Dal 19 settembre 2024 al 12 gennaio 2025
Versus di Massimiliano Pelletti
Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo
Dal 24 ottobre 2024 al 12 gennaio 2025